Lettera a Marco Bertasi

21 gennaio 2020

Caro Marco,
la condizione reale e irreversibile che viviamo tende a svuotarmi ma, ironia della sorte, quel che resta rimane ben saldo dentro il mio vuoto. Staziono all’infinito nel mio lavoro e mi impressiona ancora molto il poter stare in compagnia dei morti, con me stesso, con l’irripetibilità di un gesto che dentro di me non vuol finire.
Forse, nei momenti durante i quali non mi sento respinto dalla tela, sono io il ricordo, sono io il caro estinto che ancora riesce a governare le proprie illusioni. Certo non è molto e non voglio più cercare di sapere perché lo faccio. E’ come se, a notte fonda, sentissi ancora gli artisti ormai lontani (loro non sanno di essere morti) muoversi chiusi nei loro spazi. Ma cosa continuano a fare e ripetere all’infinito?
Vorrei fare un salto con te a Venezia. Mi piacerebbe moltissimo riuscire a visitare la Biennale ma, temo, non sia più possibile, dato che intendo la Biennale del ’68, soprattutto la sala di Novelli della Biennale del ’68. Ma un tentativo potremmo farlo lo stesso, trovando l’interstizio d’ingresso fuori o dentro la nostra mente, in ogni caso dentro il nostro vuoto dove chi cerca, alla fine, qualcosa trova.
Ci troveremmo a deambulare in grandi spazi deserti, attraversati da qualche ombra di cui sarebbero appena visibili i volti, gli indumenti; non saluteremmo nessuna di queste ombre e nessuna ci saluterebbe. Di sicuro saremmo contenti di intravvedere, anche solo di schiena, almeno quella di Novelli, preoccupato, mentre parla con qualcuno.
In tale deserto potremmo osservare indisturbati alcune sue opere importanti, anche se girate da Novelli stesso contro la parete, in segno di protesta. Una protesta che a noi, in questa visita, forse risulterà lontana e sepolta dall’ignavia della nostra maledettissima epoca. Ma se riuscissimo veramente ad entrare in quegli spazi grandi e deserti, credo che proveremmo quel sottile senso di oblio che da millenni rimesta i nostri pensieri migliori.
A proposito, forse potremmo intravvedere anche Zeno trentenne, che indosserà per necessità, vedrai, ancora giacca e pantaloni del padre. Chissà, caro Marco, forse ce la potremmo ancora fare.
Un’ultima cosa: durante la nostra visita dovremmo cercare di osservare da vicino, molto da vicino, un enorme quadro di Novelli, pare di tre metri per sette, sempre che l’autore non l’abbia già rimosso, intitolato "Per navigare più oltre".
Un forte abbraccio
Stefano      2020.

 

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