Siamo moralmente inutili

Siamo moralmente inutili, l’Europa intera è moralmente inutile.

Guardando questo sito e leggendone il testo, cadrai nel vuoto insieme all’autore.
Sparendo, dalla pittura non si verrà mai dimenticati.
Il dipinto è lo spazio dove potrebbe non succedere più nulla, leggero, leggero anche il telaio.

Si, la mia prima personale è a Torino, nel 1989, alla fine di un decennio fertilissimo, ma con la forte sensazione che stesse tutto finendo, prima ancora di cominciare.
Poi gli anni Novanta, in stretta compagnia intellettuale con un mio amato professore. Ottimi momenti, puntuali; intensissime le notti, crudeli, sul Golfo de La Spezia.
Negli stessi anni la mia stagione espositiva si esaurisce nell’arco di alcune mostre a Torino, Milano, Como, New York, bruciando tappe coloristicamente fertili e irripetibili, ma abbandonabili. Alla fine, la pittura che facevo, cosiddetta astratta, mi grazierà: sarò libero, nello stato necessario per lasciarmi alle spalle opere compiute, ormai inutili; tutto ciò, a New York, sarà decisivo come preludio all’imminente inattività. Non dipingerò per anni, rassicurato dall’astinenza.
Dal 1980 al 2000 ho vissuto gli attimi meravigliosi durati venti lunghissimi anni. Ho creduto molto, credendoci raramente.
Dopo brevi e archiviati tentativi nel 2000 e nel 2003, concederò qualcosa a me stesso solo nel 2006, provando una segreta vergogna, inchiodato a me stesso, ma felice.
(Continuerò a pensare all’enorme amore per l’Espressionismo Astratto di un vecchio pittore americano, alle sue tarde opere degli anni Ottanta. Il mio spazio è lì, i cieli sono ancora aperti.)

Ora posso dedicarmi solo a un corpo.
La pittura che ho sempre cercato è vuota e questa volta mi condanna al necessario: m’ispira.
Da un fondo senza fondo mi faccio guardare, anche ad occhi chiusi, dall’amata e ritrovata (trovata) figura umana sulla tela, più vera della mia realtà di uomo e di artista, sostenuta dal suo vuoto, fatta con poco. Altre volte è una forma, strana, di cetaceo; o una montagnola, anzi due, anch’esse strane, di Prealpe lombarda. Spesso, in un corpo o solo in un volto, riconosco qualcuno.

Riepilogando: dopo trent’anni intensamente vissuti, intensi anche i fallimenti, sono un po’ più sicuro, o meno insicuro se vuoi.
In anni recenti, alcuni dipinti riusciti, indisturbati, mi trasmettono un po’ di certezza.
In pittura, una figura fa di tutto per essere ignorata. Il tutto, in pittura, è una figura che, nella sua riuscita, ti ignora.
Il tutto, oggi, è la condivisione con i pochi amici, compresi alcuni non più di questo mondo.
Ho riconoscenza per tutti gli artisti, i critici e i galleristi con cui un tempo ho lavorato e che hanno contribuito a questo percorso. Sono riconoscente al tempo che mi sono concesso, consentendomi il raggiungimento di qualche opera, viva o morta, per il mio credo fa lo stesso.

Caro Stefano,
come vorremmo reggere nell’aldilà il peso dell’ultimo viaggio e strappando la voce dal cuore della tenebra tornare indietro con la nostra fiaccola accesa.

Ora mi sento pensato, un po’ più creduto dalla pittura.

Parma, gennaio 2019

P.S. Da tempo non intitolo ciò che non vuol più essere intitolato e, forse, nemmeno firmato
Nessuna scritta oltre lo sguardo.
Sulla tela resiste quel che vedo, quel che si fa vedere.

 

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